24 February, 2006

Puntata n° 2 del buon lavorare

Posted in spunti at 0:09 by Sebastiano

Povero compagno, da egli pretendiamo senza dare, senza informare, senza dichiarare dove vogliamo andare a parare; talvolta addirittura senza nemmeno chiedere.

Povero partner, egli vorrebbe accontentarci e anticiparci ma le nostre capacità di condivisione sono futilmente scarse: tutti i dati non strettamente indispensabili non vengono divulgati. Spesso è l’agenzia stessa a non voler parlare troppo del suo cliente, perché altrimenti chissà quali segreti socialmente pericolosi potrebbero divenire di dominio pubblico (che l’agenzia X lavora al progetto Y per il cliente Z, terribili rivelazioni insomma…). Chi non segue questa prassi capisce subito che sarà sempre e puntigliosamente ripreso dall’interno dell’agenzia stessa.

Provero fornitore, che vorrebbe fornire un servizio dotato di valore aggiunto ma è frustrato nella sua speranza; non può dispiegare una consulenza di valore perché chi deve agevolarlo (anche a proprio beneficio, nell’ottenimento di un feedback di valore) si rifiuta di farlo spesso e volentieri senza una motivazione intelligente da addurre.

Batta un colpo chi non ha mai trattato in tal maniera con un partner (non per forza lavorativo); si penta e giuri di non rifarlo chi invece l’ha fatto. Avete fatto un pessimo servizio a tutti, ma prima di tutto a voi stessi, e avete contribuito a generare quel metodo di lavoro, tanto diffuso nel mondo pubblicitario, che vede i diversi attori/partner coinvolti in un progetto fornire soluzioni sbagliate a problemi posti superficialmente (per i farlocchi problemi di riservatezza di cui sopra).

C’è caso e caso, ovviamente, ma la maggior parte dei casi vissuti mi dice che non c’è motivo di condividere con fiducia informazioni preziose, anche se vanno oltre quelle strettamente indispensabili, per ottenere un feedback migliore e magari far nascere nel nostro “fornitore” un’idea, uno spunto, che può far la differenza.

Non finirò mai di pensare (e dire) che ogni persona non nasce per fare “il compitino” ma per spostare, anche di poco, un limite in qualche campo. Poi, per svariati motivi – tra i quali i più dannosi sono la ricerca di un superficiale quieto vivere e il rapporto di convenienza tra sforzo/beneficio che spesso va a favore della mediocrità (nel senso che si accetta un beneficio medio-basso, pur di minimizzare lo sforzo) – molti sopprimono questa “pulsione basilare”…ma questo sarebbe un altro discorso, oltretutto piuttosto lungo da affrontare in questa sede.

Vedi la puntata n° 1.

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